La terra, risorsa limitata e l’impronta ecologica sul pianeta che si fa sempre più pesante, la preziosità della terra come strumento insostituibile per la produzione del cibo, il valore del lavoro agricolo e la corrispondenza spesso molto scarsa con il prezzo dei beni che questa attività produce, i prodotti agricoli come strumento per diffondere cultura e culture e per tramandare tradizioni.
In questa luce ci piace pensare che si possa dare pieno sostegno ad una nuova ruralità, che rivendica ruoli e diritti senza dover implorare elemosine e concessioni.
Bisogna conquistare tutti alla consapevolezza della centralità del settore primario, una centralità che non ha perso, come in molti hanno erroneamente pensato, nemmeno negli anni della fuga dalle campagne e che oggi si nutre di nuovi e attualissimi bisogni: cibo, salvaguardia del territorio e del suolo, energia, turismo, biodiversità, paesaggio e così via.
Certo, non qualsiasi tipo di agricoltura: non quella dell’uso smodato e improprio della chimica che avvelena, o dell’agricoltura della successione monoculturale che impoverisce i terreni e diffonde parassiti e patologie.
Su questi temi deve affermarsi anche negli agricoltori una nuova consapevolezza della funzione che essi svolgono e della responsabilità che portano nei confronti dei consumatori. Verso i consumatori va invece promossa la percezione corretta della distintività dei prodotti di qualità e la consapevolezza del loro valore e del patrimonio unico di cui dispone il nostro Paese. Solo così ci può essere una disponibilità sempre più ampia a pagare quel differenziale di prezzo che è necessario per avere alimenti sani, buoni e identificabili.
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