PERCHE' UN "BLOG"


Questo blog è un piccolo sito web, da noi gestito, in cui pubblicheremo più o meno periodicamente, come in una sorta di diario online, i nostri pensieri, opinioni, riflessioni, considerazioni ed altro.

Il solo scopo è di poter creare un ambiente all'interno del quale trovare indicazioni e prodotti che appartengono alle vecchie abitudini e usanze contadine.

E' un modo per riappropriarci delle nostre meravigliose campagne purtroppo sempre meno abitate e amate.

Grazie fin d'ora a tutti quelli che vorranno dedicare un pò del loro tempo al nostro blog.


venerdì 28 marzo 2014

"LOM E MERZ"


Appena calata l'ombra della sera, nella notte tra il 28 febbraio e il primo giorno di marzo, nelle aie delle case di campagna si accendono i fuochi.

La nostra è una terra storicamente votata all'agricoltura. E l'agricoltura, come molte altre attività "all'aperto" era, ed è tutt'ora, soggetta alle avversità metereologiche. Così la tradizione contadina del passato voleva che per scongiurare la malasorte venissero fatti dei riti propiziatori, come i fuochi magici: i "Lòm a Merz" (i lumi di marzo). L'accensione di falò propiziatori intendeva celebrare l'arrivo della primavera e invocare un'annata favorevole per il raccolto nei campi, ricacciando il freddo e il rigore dell'inverno. Il suo significato era quello d'incoraggiare e salutare l'arrivo della bella stagione, bruciando i rami secchi e i resti delle potature. Per questa occasione ci si radunava nelle aie, si intonavano canti e si danzava intorno ai fuochi (al fugarèn), mangiando, bevendo e soprattutto divertendosi.

La tradizione di fare "lòm a merz" si è protratta fino agli anni '30, perdendo poi definitivamente il suo carattere di festa dopo la guerra, finché da qualche anno a questa abbiamo riportato alla luce questo rito e anche in questo 2014 ci siamo riuniti per festeggiare.

Mai come oggi - e ancora di più in questo 2014 dichiarato dalla Fao "Anno mondiale dell'agricoltura familiare" - vi è la necessità per "costruire" il futuro di sapere e di cogliere la profondità del nostro passato. I "Lòm a Merz" vogliono essere un invito a mettersi in viaggio in queste terre, nelle quali si trova ancora un amore per il cibo succulento e copioso, dove viene a galla l'intima civiltà della campagna e l'appartenenza al mondo di piante, animali, insetti, uomini, riti, usanze, tradizioni.

Nella nostra casa di campagna abbiamo acceso un grande falò attorno al quale ci siamo riuniti con i nostri amici ed insieme abbiamo festeggiato l’arrivo della stagione mite. Arrivederci al 2015.  

martedì 11 marzo 2014

"PROFESSIONE APICOLTORE"


In Italia il lavoro è sicuro
Sono quasi 60 miliardi le api in Italia, ma questo immenso sciame non riesce a coprire nemmeno la metà del fabbisogno italiano di miele e di prodotti dell’alveare. La stessa situazione si replica a livello europeo, costringendo i Paesi membri a importare miele da Cina, Russia e Stati Uniti.
Eppure i dati, per quanto riguarda l’Italia, sono incoraggianti:
50 mila apicoltori danno vita ad un giro d’affari legato alla produzione di miele, cera, polline e altri prodotti apistici che si aggira intorno ai 65 milioni di euro, senza calcolare che all’interno di un’azienda apistica può sorgere anche una fattoria didattica che mostri le tecniche di produzione del miele ai ragazzi delle scuole.

Avviare un alveare non richiede un grande capitale iniziale né un impegno a tempo pieno, ma bisogna avere passione per il lavoro all’aria aperta e un terreno, anche di piccole dimensioni, per collocare le arnie.
L’investimento iniziale si aggira intorno ai 1.500/2.000 euro, che saranno spesi per procurarsi arnie, sciami artificiali per iniziare l’attività, abbigliamento dell’apicoltore (quindi tuta, cappello, maschera e guanti), attrezzi per gestire le api e l’alveare e materiale per la smielatura e il confezionamento del prodotto finale.
La fonte di guadagno dell’apicoltore non è solo il miele, il cui consumo pro capite ha comunque fatto registrare un sensibile aumento grazie anche alla maggiore attenzione al consumo di alimenti naturali: il lavoro delle api produce anche polline, pappa reale, propoli, cera d’api e idromele.
Il fatto che sia un mestiere praticamente immutato da decenni non deve trarre in inganno: sono sempre di più, infatti, le
tecnologie moderne che si affiancano alle procedure tradizionali. Si vedono sempre più spesso apicoltori geek che controllano i propri alveari a distanza tramite internet, costruiscono community virtuali per vendere miele online, si aggiornano tramite siti, forum e blog sulle novità del settore.

Questo mestiere antico, nell’ultimo anno, ha registrato un grande rilancio, molti giovani hanno trovato nell’apicoltura un’alternativa occupazionale in risposta alla crisi. Molte le persone che, armate di maschera e affumicatore, si sono scoperti o riscoperti apicoltori, un boom che non si verificava da decine di anni. Non tutti svolgono questa attività come lavoro primario: molti se ne occupano per arrotondare lo stipendio o la pensione. Parte del merito di questo “ritorno all’alveare” deve essere tributato ai corsi di formazione promossi in primavera dalle associazioni di categoria.

Oggi si finanziano interventi agroambientali per aumentare il numero di piante mellifere utili per le colonie di api e l’assistenza tecnica agli apicoltori con interventi dell’Unione Europea volti al sostegno dell’apicoltura e a mantenere alta la qualità del miele prodotto in Europa.