Non c'è tipo di coltura, non esiste frutto della terra che qui, in Emilia Romagna, non abbia amorevole culla. So bene che ormai difettiamo tutti in fatto di conoscenze rurali, ma facciamo così: il lettore si richiami alla mente, con qualche sforzo, i prodotti della terra quant'essi sono, pendenti dai rami o esumati, a stelo o a viticchio, radenti la superficie o di poco sopra ma anche sotto questo livello. Ricorra ai ricordi d'infanzia, a quanto apprese dalla scuola dei nonni che furono sempre i migliori maestri. Ecco: tutto ciò egli si raffigura, lo trova. E lo trova in condizioni eccellenti, in virtù del corretto modo d'applicare la scienza dell'alimentazione alle esigenze dei mercati internazionali. O non sta forse tornando, il mondo dove viviamo, al villaggio da cui esso era partito?
Quando altrove, ad altre latitudini più a sud e più a nord, i grandi manipolatori del nostro futuro ideale davano l'agricoltura per derelitta e la costringevano a esserlo, in Emilia Romagna la si prese per mano, rieducandola a camminare, a essere autonoma, dopo la lunga malattia alla quale l'aveva esposta l'insipienza di pseudo indovini. La chiaroveggenza emiliana veniva dal diretto contatto con la natura, dal tentativo, riuscito, di abbinare ragionevolmente la chimica alle varie fasi di lavorazione del terreno. Nessun ostracismo preconcetto. Nessuna concessione alle blandizie reclamistiche di alcune industrie tendenti a forzare l'equilibrio di un rapporto che da una giusta collaborazione ha tutto da guadagnare, mentre le prevaricazioni dei fitofarmaci nuociono, al pari dell'abuso d'ogni medicina.
Se il podere progredisce, si libera dai precordi l'animo contadino che, per conoscerlo, bisogna esserci, esserci nati, sentirsene impastati. Sennò si scrivono dei maleodoranti elzeviri in lode di quello che non esiste più, si dipingono quadri idillici introvabili se non dentro il cuore, si scende negli inferi d'una retorica da strapazzo e di essa i contadini ridono per primi.
E l'animo contadino, specie in Emilia Romagna (ma la ruralità ha costumanze omogenee), è pieno di slanci, privo delle grettezze che frettolosamente si addebitavano a quanti dovevano misurarsi, per secoli, con un'economia risicata all'osso. E' un temperamento fatto di grande umanità, di socievolezza, schietto come certi vini che, quando infingono, te ne accorgi subito e te ne disfi. Porta in sé, quell'animo, un bagaglio culturale nella contraddizione solo apparente fra un cuore che batte all'antica e una mente proiettata nel futuro.
Quando altrove, ad altre latitudini più a sud e più a nord, i grandi manipolatori del nostro futuro ideale davano l'agricoltura per derelitta e la costringevano a esserlo, in Emilia Romagna la si prese per mano, rieducandola a camminare, a essere autonoma, dopo la lunga malattia alla quale l'aveva esposta l'insipienza di pseudo indovini. La chiaroveggenza emiliana veniva dal diretto contatto con la natura, dal tentativo, riuscito, di abbinare ragionevolmente la chimica alle varie fasi di lavorazione del terreno. Nessun ostracismo preconcetto. Nessuna concessione alle blandizie reclamistiche di alcune industrie tendenti a forzare l'equilibrio di un rapporto che da una giusta collaborazione ha tutto da guadagnare, mentre le prevaricazioni dei fitofarmaci nuociono, al pari dell'abuso d'ogni medicina.
Se il podere progredisce, si libera dai precordi l'animo contadino che, per conoscerlo, bisogna esserci, esserci nati, sentirsene impastati. Sennò si scrivono dei maleodoranti elzeviri in lode di quello che non esiste più, si dipingono quadri idillici introvabili se non dentro il cuore, si scende negli inferi d'una retorica da strapazzo e di essa i contadini ridono per primi.
E l'animo contadino, specie in Emilia Romagna (ma la ruralità ha costumanze omogenee), è pieno di slanci, privo delle grettezze che frettolosamente si addebitavano a quanti dovevano misurarsi, per secoli, con un'economia risicata all'osso. E' un temperamento fatto di grande umanità, di socievolezza, schietto come certi vini che, quando infingono, te ne accorgi subito e te ne disfi. Porta in sé, quell'animo, un bagaglio culturale nella contraddizione solo apparente fra un cuore che batte all'antica e una mente proiettata nel futuro.