Insomma, un genocidio culturale, come diceva il solito Pasolini.
Un genocidio avvenuto lentamente, anno dopo anno, a causa delle trasformazioni della società imposte prima dall’industrializzazione selvaggia della nazione, e dal suo braccio armato, i media, aedi della necessità delle élite di sostituire i vecchi modelli di vita secolare con il pensiero unico del consumatore indefesso.
La nostra è un'esperienza che nasce dal pragma, e che proprio al pragma, cioè alla necessità di amministrare un’azienda agricola familiare in un momento storico di crisi assoluta e forse irreversibile, aggancia il proprio amore assoluto. Un amore che per questo non è mai amore morto, cristallizzato, non è mai l’amore fatuo, estetico, per un’ideale, ma è amore vivo, vitale e incrollabile, costretto a trasformarsi e rinnovarsi circostanza dopo circostanza. Amore vero per la terra e per ciò che essa è in grado di restituire a chi l’affronta.
Il mio bisnonno faceva l'apicoltore per uso domestico e non aveva bisogno di scriverlo. La sua vita era la testimonianza di come l’uomo aveva imparato a dominare la natura senza annichilirla.
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